Per avere un’idea abbastanza immediata di come siano cambiati e si siano evoluti in meglio i livelli di istruzione femminile negli ultimi anni non bisogna andare troppo lontano.

Se abbiamo la fortuna di parlare con donne di una o due generazioni prima della nostra non possiamo che rimanere colpiti su come la presenza femminile sia così cambiata e in aumento nei luoghi di istruzione.

Le donne, sempre più istruite, e con risultati anche spesso migliori degli uomini, stanno affrontando in questi decenni cruciali una dura battaglia di riconoscimento e sradicamento di una mentalità patriarcale antica e bigotta che, nei casi più fortunati, sta comportando una vera e propria rinascita. 

Gli stessi dati Istat del 2019 ci delineano una situazione chiara: sono sempre più elevati e in rapido aumento i livelli di istruzione femminili. Dall’istruzione superiore a quella terziaria, le donne hanno ormai raggiunto percentuali molto più alte e positive nel giro di un decennio. 

Nel 2019 la percentuale di donne diplomate era del 64,5% rispetto al 59,8% di diplomati di sesso maschile. Stessa cosa per quanto riguarda la laurea: il 22,4% delle donne è laureata contro il 16,8% di uomini. Un dato che possiamo leggere anche in un altro modo: una giovane su tre è laureata a fronte degli uomini, laureati uno su cinque.

La crescita dei livelli di istruzione femminile è aumentata di 3,5 punti nel giro di soli cinque anni. Tuttavia, persiste un grado di istruzione più basso nel Mezzogiorno. 

Il fenomeno dell’istruzione femminile, però, non va guardato solo dal punto di vista dei dati sempre più favorevoli, ma un’analisi va riservata anche alle scelte femminili inerenti al percorso di studio intrapreso. I dati forniti dall’Istat riguardano principalmente i livelli di istruzione universitari ma, è bene ricordare, che fino a qualche decennio fa era impensabile anche solo fornire un’educazione alla pari a bambini e bambine.

Mia nonna, come molte altre donne del suo tempo, si era formata in una scuola religiosa che l’aveva preparata al mestiere di moglie e madre.

Oltre a lezioni di economia domestica, italiano e matematica gran parte del tempo era dedicato al ricamo. Mia madre, invece, di quasi vent’anni più giovane, ha avuto quantomeno la fortuna di frequentare una scuola mista e di avere una preparazione uguale ai suoi colleghi di sesso opposto. 

Queste piccole digressioni sono necessarie perché si tratta di persone vicino a noi, con le quali possiamo ancora parlare per renderci conto di cosa è cambiato, di come ciò è avvenuto e di quanto ancora si debba fare. 

Oltre a questi esempi pratici, basta leggere qualche intervista a donne della cultura scientifica e umanistica per comprendere quanto strano fosse, ad esempio, fino a qualche anno fa vedere delle donne iscritte a determinati percorsi di studi. Le donne che hanno una laurea umanistica in Italia sono il 30,1% rispetto al 15,6% degli uomini.

Un dato che non sorprende più di tanto, dal momento che già in tempi più remoti, ad esempio in età moderna, quando quindi l’istruzione femminile era certamente cosa per poche, le donne erano considerate molto più inclini a studi del genere rispetto a quelli scientifici.

Persiste ancora un’idea di fondo che condiziona la società: la strada delle scienze umanistiche è quella più adatta alle donne.

Un pregiudizio non solo maschile ma tutto femminile che porta le donne a credere di non essere in grado di studiare materie scientifiche. 

Le donne che scelgono una laurea STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) sono solo il 16,2% rispetto agli uomini che detengono il primato con il 37,3%. 

Va meglio, invece, per l’area medico-sanitaria e farmaceutica dove le donne sono il 18,2% rispetto al 14,5% degli uomini. 

Anche l’area giuridica e socio-economica, un tempo appannaggio maschile, vede oggi il 35,5% delle donne contro il 33,2% degli uomini. 

Inutile dire che è in atto un processo di rinascita femminile che deriva da un grado di consapevolezza maggiore da parte delle donne che ora scelgono più autonomamente la strada da percorrere in ambito educativo.

Preme però notare che è necessaria una campagna di orientamento più strutturata e mirata che permetta alle donne di abbattere quei pregiudizi di cui loro stesse sono vittime quando, erroneamente, credono di non potersi mettere in gioco in campi di studio che, per scelte di vita o competenze, potrebbero sembrare maggiormente adatte agli uomini.

Questo è il quadro che emerge dai dati statistici italiani e che vede sempre più donne che hanno raggiunto finalmente delle vette importanti (rettorati, dirigenze, magistrature, cariche politiche e non solo) impegnate a dimostrare che si può e si deve lottare per diventare qualsiasi cosa si voglia. 

di Martina Di Domenico

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